25 marzo 2021

Extinction Rebellion: un cortometraggio per invertire la rotta!

Extinction Rebellion è un movimento internazionale, non-violento, fondato in Inghilterra in risposta alla devastazione ecologica causata dalle attività umane, basato sui risultati scientifici. Il movimento chiama alla disobbedienza civile nonviolenta per chiedere ai governi di invertire la rotta che ci sta portando verso il disastro climatico e ecologico.

https://extinctionrebellion.it/
Siamo alla vigilia della sesta estinzione di massa delle forme di vita sul pianeta. La novità è che questa volta gli artefici siamo noi! La nostra stessa sopravvivenza è a rischio in quanto connessa all'equilibrio della biosfera, drasticamente minacciato dai cambiamenti climatici in atto. Prima che la catastrofe raggiunga il punto di rottura e la Terra diventi un luogo arido e quindi sterile, inospitale per tutti i viventi, occorre agire con fermezza e decisione.
... l'emergenza climatica ed ecologica potrebbe essere la sfida più grande mai affrontata dall'umanità, ma ricorda, come ha sottolineato l'ex capo del clima delle Nazioni Unite Christiana Figueres, "l'impossibile non è un dato di fatto, è un atteggiamento". Quindi creiamo il futuro che vogliamo e creiamolo insieme velocemente.

 https://thegiganticchange.com/#knowthetruth 

24 marzo 2021

ECONOMIA LINEARE E LA NECESSARIA TRANSIZIONE AD UN'ECONOMIA CIRCOLARE

Adattato da “Chimica blu” di Brady, Jespersen, Hyslop, Pignocchino- Ed Zanichelli
Modello di Economia Lineare

L’attuale MODELLO ECONOMICO LINEARE, esemplificato in figura, si basa sul falso presupposto che le risorse della Terra siano infinite, così come lo spazio in cui collocare i rifiuti finali.

In pratica è la strada maestra per la distruzione della biosfera!

Ad esempio, estraiamo materie prime dal sottosuolo, le usiamo per fabbricare un bene di consumo, usiamo tale bene e quando ce ne stanchiamo lo interriamo in discarica come rifiuto; oppure estraiamo petrolio dal sottosuolo, lo trasformiamo in una raffineria, lo bruciamo nel motore e utilizziamo l’atmosfera come discarica incontrollata dei gas che escono dal tubo di scappamento. In tutte le fasi, usiamo inoltre combustibili fossili, cioè sia per alimentare i processi estrattivi che quelli trasformativi di produzione di un bene e spesso anche nella fase di utilizzo poiché buona parte dell'energia elettrica è ancora prodotta a partire da fonti fossili. Quando un pozzo di petrolio finisce, ne trivelliamo altri. È ormai noto che questo modello di sviluppo è diventato insostenibile. Consumiamo infatti più risorse di quante il pianeta riesca a rigenerarne intaccando il capitale naturale che è parte integrante della ricchezza. Inoltre, le emissioni di CO2 in atmosfera dovute alla combustione di petrolio, gas e carbone, stanno alterando il clima della Terra in modo drammatico, con gravi conseguenze ambientali, economiche e sociali.

MA COSA CONCORRE A FORMARE LA RICCHEZZA DI UNA NAZIONE?

Capitale prodotto dall’uomo + Capitale naturale + Conoscenze, Capacità, Istituzioni  =  RICCHEZZA

Il problema è che le economie puntano solo al PIL (capitale prodotto dall’uomo). Non sempre però la crescita del PIL di una nazione si accompagna ad un aumento di ricchezza pro capite. Ad esempio, secondo statistiche della Banca Mondiale, in India dove è in corso una vertiginosa crescita economica il PIL è aumentato ma la ricchezza pro-capite è diminuita. Ciò si è verificato perché l’aumento del capitale prodotto dall’uomo ed il miglioramento delle Istituzioni non ha compensato la forte perdita dovuta al degrado del capitale naturale. E cosa dire del Brasile dove è in corso la progressiva distruzione della foresta amazzonica?

Insomma non possiamo più permetterci uno sviluppo economico che non comporti simultaneamente vero progresso a livello ambientale e sociale. La resilienza della biosfera alle attività umane rischia di raggiungere un punto di non ritorno.

Per questo, lo sviluppo sostenibile è diventato una priorità. Esso è:

lo sviluppo che soddisfa i bisogni della generazione presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri.

Lo sviluppo sostenibile combina la crescita economica, cioè l’aumento della produzione di beni e servizi, con il rispetto per l’ambiente e la tutela delle risorse naturali.

La Terra stessa ci insegna un approccio radicalmente diverso: la vita sul nostro pianeta si perpetua da centinaia di milioni di anni perché la Natura ha realizzato un sistema circolare: attraverso i sistemi fotosintetici terrestri e marini, il rifiuto per eccellenza della vita, la CO2, viene reintegrato nella biosfera come materia vivente, utilizzando l’energia del sole. È da qui che dobbiamo partire, se vogliamo percorrere la strada della sostenibilità ambientale e della preservazione delle risorse naturali, a cominciare da quelle minerali. Le risorse del nostro pianeta sono limitate, di conseguenza, solo la transizione da un’economia lineare a un’economia circolare può permettere il perpetuarsi della civiltà moderna.

Modello di Economia Circolare
tutta l'energia che entra in circolo deve essere ottenuta da fonti rinnovabili e tutta la materia deve essere riciclata.

L’ECONOMIA CIRCOLARE si basa sul presupposto che ogni attività umana necessita di risorse naturali, che devono essere usate in quantità il più possibile limitate (risparmio) e in modo razionale (efficienza).
In pratica, occorre fabbricare oggetti progettati non soltanto per essere usati, come accade nell’economia lineare, ma anche per essere riparati, riutilizzati, raccolti, disassemblati e infine riciclati, così da poter ritornare ad essere risorse utilizzabili.
Inoltre, affinché il sistema complessivo sia sostenibile, occorre che tutti gli stadi della vita di un prodotto siano alimentati da energia prodotta da fonti rinnovabili. La transizione dall’economia lineare all’economia circolare sarà un cammino lungo e difficile, ma anche una straordinaria opportunità, soprattutto per le generazioni più giovani. Occorrono, infatti, chimici, fisici, ingegneri che progettino dispositivi più intelligenti, durevoli e riciclabili; architetti per riprogettare le città, economisti che studino nuovi modelli di sviluppo; giuristi che adeguino gli apparati legislativi, medici e biologi che studino ed evidenzino i benefici per la salute, giornalisti che sappiano veicolare un’informazione scientificamente corretta, politici preparati e consapevoli della necessità della transizione, insegnanti che formino e motivino le nuove generazioni e così via.

LE BATTERIE RICARICABILI AGLI IONI LITIO E LE AUTO ELETTRICHE. IN FUTURO BATTERIE DI VETRO?

 Adattato da “Chimica blu” di Brady, Jespersen, Hyslop, Pignocchino- Ed Zanichelli

Le batterie ricaricabili agli ioni di litio (LIB) sono state una delle più importanti invenzioni della fine del XX secolo. Immesse sul mercato nel 1991, hanno progressivamente reso possibile la diffusione di dispositivi portatili senza fili come computer e smartphone, che hanno cambiato il nostro modo di lavorare e comunicare. Oggi si stanno affermando anche nel settore della mobilità elettrica (automobili, motociclette e biciclette). John Goodenough (USA), Stanley Whittingham (UK, ma naturalizzato statunitense) e Akira Yoshino (Giappone), che hanno inventato e perfezionato le batterie al litio, sono stati insigniti del premio Nobel per la Chimica nel 2019.


Le LIB contengono molti elementi, ma il litio è il protagonista assoluto. Questo elemento, infatti, ha delle caratteristiche perfette per batterie leggere e veloci da ricaricare: è il metallo più leggero della tavola periodica (30 volte più leggero del piombo, molto usato nelle batterie) ed ha una forte tendenza a perdere un elettrone e diventare ione Li+. La batteria è in grado di imbrigliare l’energia che entra in gioco quando si separano fisicamente gli ioni di litio dagli elettroni: i primi si muovono all’interno della batteria mentre i secondi all’esterno. Vediamo com’è fatta e come funziona una LIB.


All’interno della batteria lo ione Li+, fa la spola tra due estremità con cariche di segno opposto, detti poli. Quando la batteria viene caricata collegandola alla presa elettrica, gli ioni Li sono forzati a muoversi dal polo positivo, il catodo, al polo negativo, l’anodo (B in figura). Viceversa, quando la batteria si scarica, perché stiamo usando il nostro dispositivo, gli ioni litio si muovono nella direzione opposta (A in figura). All’esterno della batteria, un flusso di elettroni (carichi negativamente), segue lo stesso andirivieni degli ioni litio. Più in dettaglio, nella fase di carica, l’energia elettrica prelevata dalla rete è utilizzata per espellere gli ioni litio dal catodo, dove si trovano nella loro posizione «di riposo», cioè annidati in cristalli che contengono ossigeno e metalli come cobalto, nichel e manganese. Espulsi dal catodo, sia gli ioni litio sia gli elettroni sono ospitati dall’anodo, composto da sottilissimi fogli di grafite. In questa condizione, la batteria è in uno stato forzato, innaturale, a elevata energia. Nella fase di scarica si sfrutta l’energia accumulata dalla batteria per alimentare il dispositivo (ad es. il pc, il cellulare o, come in figura, una lampadina) inserito esternamente, tra il catodo e l’anodo. In questo modo gli elettroni possono tornare dall’anodo verso il catodo generando una corrente elettrica che alimenta il dispositivo. Contemporaneamente gli ioni Litio, all’interno della batteria, tornano alla loro posizione di riposo, attirati dallo spostamento degli elettroni.

Il litio è il metallo ideale per queste batterie in quanto essendo piccolo e leggero si muove agilmente nella batteria garantendo un’elevata velocità di ricarica e lunga durata: possiamo ricaricare una LIB centinaia di volte prima che si degradi; inoltre a parità di energia contenuta, una batteria al litio pesa molto meno di una batteria al piombo, rendendola più adatta sia per dispositivi portatili che per automobili.

Lo sviluppo delle batterie al litio può aprire la strada a un cambiamento radicale nel settore dei trasporti. Può sembrare incredibile ma agli inizi del 1900, negli Stati Uniti, circolavano più auto elettriche che auto a benzina e non era chiaro quale tecnologia avrebbe prevalso. Nel giro di pochi anni l’espansione della rete stradale e l’enorme crescita della produzione di petrolio eliminò dalla scena le auto elettriche, soprattutto per l’impareggiabile densità energetica dei combustibili liquidi: benzina e gasolio che con appena un litro di carburante possono far muovere automezzi di 20 quintali per quasi 20 km! L’invenzione delle batterie agli ioni di litio ha aperto la strada alla rivincita dell’auto elettrica. Nell’auto tradizionale il componente più pesante e ingombrante è il motore, nell’auto elettrica è la batteria. Una batteria di un’auto di media potenza pesa circa 200 kg; si stima che contenga circa 10 kg di litio e tra i 5 e i 10 kg di cobalto, cui si aggiungono nichel, manganese e carbonio sotto forma di grafite, per un totale di circa 100 kg: un quintale di materiali preziosi per ogni singola automobile! È quindi abbastanza evidente che la transizione alla mobilità elettrica pone un problema di disponibilità di materie prime. Soffermiamoci in particolare su litio e cobalto, i componenti chimici chiave delle batterie ricaricabili agli ioni litio.

Il principale produttore mondiale di litio è l’Australia dove questo prezioso metallo è estratto da rocce in cui si trova a concentrazioni particolarmente elevate. Seguono Cile e Argentina (e Cina), dove il litio viene estratto da acque ricche di sali nella regione dei grandi laghi salati localizzati a cavallo tra Bolivia, Cile e Argentina, nel cosiddetto triangolo del litio

Triangolo del litio

In particolare il Salar de Uyuni, lago salato che si trova in Bolivia al confine con il Cile, si estende per circa 10.000 km e costituisce la più grande riserva mondiale accertata di litio. Tuttavia l’estrazione di questo metallo è al centro di un acceso dibattito che ne ha finora bloccato lo sfruttamento intensivo. Questo, infatti, avrebbe un enorme impatto economico, sociale e ambientale in un luogo che, oltre a essere considerato uno dei più belli della Terra ( detto “lo specchio del mondo”), è anche uno dei più poveri del continente americano.

Salar de Uyuni: lo specchio del mondo

Se tutte le auto attualmente circolanti fossero elettriche, la domanda annuale di litio si attesterebbe sulle 800.000 tonnellate: circa 10 volte l’attuale produzione mondiale, oggi destinata solo per il 50% al mercato delle batterie, mentre il resto si usa nell’industria ceramica, del vetro, dei lubrificanti e in applicazioni minori. Sebbene si potrà aumentare di 10 volte la produzione mondiale di litio rispetto ai livelli attuali, non si potranno estrarre milioni di tonnellate di litio ogni anno per i decenni a venire: l’unica opzione che abbiamo è: RICICLARE.

Nella tavola periodica dell’abbondanza degli elementi, il cobalto è riportato in arancione, poiché, è uno dei metalli a maggior rischio disponibilità nel medio termine. È il miglior metallo di transizione da utilizzare nei catodi per LIB. Si sta tentando di sostituirlo con altri metalli meno preziosi (nickel e manganese), ma al momento è impossibile eliminarlo senza compromettere la qualità delle LIB. La produzione di cobalto è soggetta a diverse criticità. È un classico esempio di metallo autostoppista, ottenuto principalmente come sottoprodotto dell’estrazione di nichel e rame, quindi a rischio di volatilità del prezzo. Inoltre la sua produzione è concentrata per oltre il 60% nella Repubblica Democratica del Congo, un Paese politicamente instabile dove sono presenti attività estrattive abusive con violazioni dei diritti dei lavoratori e impiego di bambini. Anche la raffinazione del cobalto è fonte di preoccupazione, essendo quasi esclusivamente controllata dalla Cina. In pratica, la disponibilità di cobalto si delinea oggi come un potenziale ostacolo all’espansione della mobilità elettrica.

Nuovi sviluppi della mobilità elettrica potrebbero provenire, in futuro, dalle batterie di vetro, di recente sviluppate dallo stesso Goodenough, vincitore del Nobel per le batterie al litio. Le proprietà di queste batterie sono molto promettenti e potrebbero aggirare gli ostacoli e i problemi presentati dalle batterie al litio, come si può scoprire leggendo il seguente articolo:

https://zeroemission.eu/il-premio-nobel-john-goodenough-lancia-la-batteria-di-vetro/ 

20 marzo 2021

UN ELEMENTO A RISCHIO: L’INDIO

 

L’indio è un metallo tenero, di colore grigio e stabile all’aria. Nella Tavola Periodica dell’abbondanza degli elementi chimici è indicato in rosso poiché la sua presenza sulla crosta terrestre è piuttosto limitata, mentre il suo utilizzo continua a crescere in modo molto sostenuto. Viene impiegato come ossido di Indio (90%) drogato con impurezze di Stagno (10%) detto ITO - (Indium Tin Oxide). Questo materiale ha 3 proprietà non comuni: trasparenza ottica, conducibilità elettrica e buona affinità per il vetro. Pertanto viene deposto come sottile pellicola trasparente conduttiva sui display di dispositivi elettronici e su quelli touch screen e trova impiego anche nei LED e nelle celle solari.

Le principali riserve di indio si trovano in Cina, Corea del Sud e Giappone. Non esistono «miniere di indio», cioè impianti estrattivi primari: l’indio si ottiene come elemento secondario (autostoppista) da minerali di zinco (metallo attrattore), assieme a germanio, cadmio e gallio. Il problema degli elementi autostoppisti è che la loro produzione dipende dall’andamento sul mercato degli attrattori, per cui la loro disponibilità e il loro prezzo possono essere soggetti a variazioni non direttamente legati al gioco della loro domanda e dell'offerta. Proprio a causa di queste problematiche gli scienziati sono alla ricerca di materiali alternativi; il più promettente è il grafene ma al momento l’indio è insostituibile. Il suo riciclo in Europa è sostanzialmente nullo, una situazione non più accettabile per un elemento indispensabile e a elevato rischio di disponibilità in un futuro non lontano.

LA CORSA ALLE MATERIE PRIME E GLI EQUILIBRI GEOPOLITICI

 estratto da https://www.notiziegeopolitiche.net/la-corsa-alle-risorse-e-alle-terre-rare/

… In un mondo che sta per raggiungere i 9 miliardi di abitanti entro il 2050, la logica dell’autosufficienza o della minore dipendenza spinge le nazioni più che mai a competere per assicurarsi l’approvvigionamento di materie prime. La competizione per il loro controllo si è intensificata in modo particolarmente evidente negli ultimi anni.

Nel settore agricolo, le rivolte della fame avvenute nel 2008, a seguito del fortissimo aumento del prezzo delle materie prime agricole, hanno accelerato il movimento mondiale per riacquistare terreni coltivabili da parte di investitori stranieri. Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Cina sono tra i principali acquirenti. I loro obiettivi sono Africa e America Latina, dove si trova il 90% della terra arabile non sfruttata. Questi appetiti generano tensione e sfiducia.

La questione degli idrocarburi è sempre al centro dei giochi di potere. Dopo aver sfruttato con successo le proprie riserve di gas di scisto, gli Stati Uniti sono tornati a essere autosufficienti. L’Arabia Saudita, un importante ex fornitore, ora teme un allentamento del legame che univa l’America e la proteggeva dall’Iran. Il suo comportamento febbrile nelle crisi irachena e siriana è in parte dovuto a questa nuova equazione politico-energetica.

Un settore tra tutti appare particolarmente emblematico delle future tensioni intorno alle materie prime e cioè quello delle risorse minerarie. Dalla fine degli anni ’90 la crescita economica globale ha fatto lievitare il prezzo delle materie prime, in particolare quelle estrattive. La fine delle risorse facilmente accessibili ha forti implicazioni geopolitiche: innesca la corsa a nuove risorse fino ad ora protette dalla difficoltà di estrarli dai loro ambienti ecologici (poli, altura offshore, fitte foreste) o da ostilità geopolitiche.

Si riaffaccia allora lo spettro del nazionalismo delle risorse (cioè sfruttare per sé le proprie risorse)? Certamente. Oggi va oltre i casi ben documentati di Russia, Bolivia o Cina. L’informazione è passata inosservata, ma il Madagascar, a lungo terreno di sfruttamento passivo degli appetiti delle multinazionali estrattive, ha annunciato nel settembre 2014 la creazione di una società mineraria pubblica per sfruttare in piena sovranità le risorse del paese.

Facciamo un altro esempio. Boeing e United Technologies Corporation hanno deciso di fare scorta di titanio, una sostanza essenziale per l’aeronautica, poiché rappresenta dal 15 al 20% dei metalli utilizzati in un aereo moderno. Chi è il principale fornitore di titanio nel mondo? Il gruppo russo VSMPO. Le suddette società americane, la cui decisione è stata rivelata in agosto, temono possibili ritorsioni nel contesto della crisi ucraina (nella quale gli Usa e la Russia parteggiano per fazioni opposte).

Lo scontro cino-giapponese del 2010 intorno alle isole Senkaku, ripreso nel 2012 e nel 2013, ha portato Pechino a limitare le sue esportazioni di terre rare in Giappone. Questo gruppo di 17 metalli, la cui produzione è dominata dalla Cina, è essenziale per la fabbricazione di prodotti ad alta tecnologia, uno dei punti di forza dell’economia giapponese. Tokyo si è trovata improvvisamente indebolita. E non è passato molto tempo prima che reagisse. Il 13 marzo 2012 il Giappone, sostenuto dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, ha presentato una denuncia all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), denunciando le restrizioni imposte dalla Cina all’esportazione delle sue terre rare. Pechino è stata condannata nel marzo 2014, senza tuttavia porre in essere mutamenti a livello politico.

Già nel 2012, il Ministero dell’Industria giapponese aveva annunciato che nuove partnership con Kazakistan e Australia gli consentivano di ridurre drasticamente la dipendenza nazionale dalle terre rare cinesi e la casa automobilistica Toyota è una delle società che investe di più nel settore minerario in Canada e Australia, ancora una volta per ridurre la dipendenza del Giappone dalle terre rare cinesi.

Di fronte alle questioni geoeconomiche dell’approvvigionamento di metalli e minerali e al ricatto dell’offerta da parte dei paesi produttori, una strategia è la diversificazione degli approvvigionamenti a lungo termine. L’Europa si trova in una posizione particolarmente critica. Da un lato la maggior parte della crescita della domanda mondiale di metalli e minerali è ora guidata dai nuovi paesi industrializzati (Cina, India, Brasile), spinta sia dalla necessità di soddisfare le esigenze del proprio sviluppo sia dal trasferimento di una parte delle industrie pesanti e manifatturiere dall’Europa verso questi paesi. D’altra parte, più dell’80% delle risorse metalliche è prodotto in paesi al di fuori della zona europea: Nord e Sud America, Russia, Asia o Australia.

L’Europa ha forte necessità di questi metalli perché l’industria estrattiva non energetica fornisce settori come l’edilizia, la chimica, l’automotive, l’aerospaziale e persino la costruzione di macchine e attrezzature, che generano un valore aggiunto in Europa di circa 1.324 miliardi di dollari, per circa 30 milioni di posti di lavoro.

Dopo due decenni di inattività, nel Vecchio Continente stanno emergendo alcune iniziative positive, in direzione di una maggiore autonomia. Nel settembre 2014 più di 170 aziende si sono riunite per creare “Metallurgy Europe”, un complesso europeo per la ricerca e lo sviluppo nel campo dei metalli.

Le tensioni sulla disponibilità di determinati materiali minacciano interi settori delle industrie nazionali. Tanto più che alcuni paesi a volte si trovano, a causa del loro potenziale naturale (giacimenti di materie prime) e della mancanza di investimenti dei loro partner, in una situazione di monopolio: se la Cina fornisce il 97% delle terre rare del mondo così come il 93% di magnesio e il 90% % di antimonio, il Brasile rifornisce il 90% della domanda mondiale di niobio e gli Stati Uniti l’88% di quella di berillio.

Per fronteggiare questo rischio le maggiori potenze mondiali hanno già definito strategie specifiche per garantire la disponibilità delle risorse che considerano strategiche, indipendentemente dai rispettivi rapporti diplomatici con gli Stati che dominano la produzione di ciascuna sostanza. Gli Stati Uniti, la Russia e la Cina hanno messo in atto politiche per la gestione delle scorte, il controllo del flusso e la protezione delle aree di produzione. Gli investitori cinesi si sono interessati all’estrazione di terre rare in Grecia nel 2014 e la "Geological Survey" americana, ha effettuato nel 2006 un’indagine aerea del suolo afghano, che avrebbe consentito di mappare le risorse minerarie del Paese, di cui abbonda.

Ultimo esempio: sullo sfondo della crisi ucraina i russi stanno valutando la creazione di un cartello di terre rare con i cinesi. La Russia ha infatti le maggiori riserve (stimate al 20% delle riserve conosciute) dopo la Cina. Inoltre, le potenziali aree di sfruttamento in Russia conterrebbero tutte le 17 terre rare, a differenza di molte altre riserve conosciute nel mondo. I russi hanno quindi tutte le ragioni per sfruttarli, visto il calo della produzione cinese, che costringerà Pechino a diventare importatore, ma anche la crisi con Stati Uniti e UE, che spinge Mosca a giocare tutte le leve di ritorsione a sua disposizione. 

A questi esempi principalmente presi nel campo delle risorse minerarie si devono aggiungere le tensioni sulle materie prime agricole e sugli idrocarburi. Il mondo sembra essere entrato in un periodo di guerra economica per le materie prime

LE RISORSE LIMITATE

adattato da “Chimica blu” - Brady, Jespersen, Hyslop, Pignocchino- Ed. Zanichelli

Il nostro pianeta, simile ad una minuscola astronave che viaggia nell’immensità del cosmo, è abitato oggi da quasi 8 miliardi di persone, bisognose di risorse per poter condurre una vita dignitosa. Limitarne il consumo, come illustrato da Francesca nel post precedente, è uno degli obiettivi dell’Agenda 2030, l’Obiettivo 12. La Terra infatti riceve un’unica risorsa abbondante dallo spazio: la luce del Sole. Per tutte le altre, i suoi abitanti possono affidarsi solo alle riserve che si trovano nella «stiva» dell’astronave stessa.

La Terra è in grado di rigenerare (entro certi limiti e con i suoi ritmi) una parte delle risorse che ci offre, come l’ossigeno, il suolo fertile, le specie viventi vegetali e animali (risorse rinnovabili). Tuttavia ogni anno, l’Earth overshoot day, cioè il giorno in cui l’umanità consuma tutte le risorse rinnovabili prodotte dal pianeta nell’intero anno e inizia ad intaccare le riserve destinate alle generazioni future, cade sempre prima: nel 2019 è stato il 29 luglio … e non è stato ancor prima solo perché i paesi in via di sviluppo hanno tuttora ritmi di consumo significativamente più bassi dei paesi più ricchi.

Altre risorse, quelle non rinnovabili, sono presenti in quantità sostanzialmente fisse e immutabili: tra queste spiccano gli elementi chimici che si trovano nella crosta terrestre e nell’atmosfera.

La Tavola periodica dell’abbondanza degli elementi:

rappresenta ogni elemento con una casella tanto grande quanto maggiore è la sua abbondanza relativa sulla crosta terrestre o nell’atmosfera. In verde sono rappresentati gli elementi che siamo sicuri di avere in abbondanza anche per il futuro. In giallo, arancio e infine in rosso sono indicati quelli per la cui disponibilità, alla luce dell’utilizzo intensivo che ne facciamo e delle limitate «scorte» sulla Terra, c’è crescente preoccupazione. In particolare, gli elementi in rosso potrebbero esaurirsi entro la fine del secolo. 

Ovviamente, una volta usati e divenuti rifiuto, gli elementi “non scompaiono” dalla terra (fatta eccezione per l’elio che, essendo leggero, si disperde nello spazio) ma se non opportunamente differenziatiriciclati sono dispersi nell’ambiente in modo che il loro recupero diventa impossibile sia per ragioni tecniche che economiche. Si pensi, per esempio, ai rifiuti abbandonati nelle discariche, nei fiumi e nei mari. 

In alcune caselle di tale Tavola Periodica è riportato il simbolo dello smartphone, un oggetto che  racchiude fra i 30 e i 40 elementi chimici. In ogni singolo cellulare le quantità degli elementi utilizzate sono minuscole, ma il n. di apparecchi in circolazione è colossale, maggiore del n. di abitanti del pianeta e quindi l’impatto sullo stock limitato di minerali presenti sulla Terra è notevole. Molti di questi elementi appartengono alla famiglia delle terre rare; ecco di seguito un link per approfondire la conoscenza di questi ultimi. Terre rare:

https://drive.google.com/file/d/1inChfye9lr5RHmrnOUcY0dpi3MloeUNW/view?usp=sharing